3 curiosità che forse non sai sulla mente umana, e come sfruttarle
Mia sorella Letizia si è laureata due giorni fa (a pieni voti 🎉) in Neuroscienze Cognitive e Neuropsicologia Clinica.
Finalmente accogliamo una psicologa in famiglia, ne avevamo bisogno 😜.
Ho pensato di festeggiare con lei questo traguardo in modo insolito, chiedendole quali sono i tre aspetti della mente umana che più l’hanno colpita durante il suo percorso di studio.
Se vuoi farti affascinare dalla complessità della mente umana, ti consiglio di leggere la sua meravigliosa risposta!
Eccola qui:
Curiosità #1: La cecità attenzionale
La cecità attenzionale fa parte della psicologia cognitiva.
Si tratta della nostra incapacità di notare un oggetto palese ma inaspettato, quando siamo focalizzati su un altro evento, oggetto, o azione.
Nel famoso esperimento di Simons e Chabris condotto nel 1999 su questo fenomeno, a dei volontari è stato chiesto di guardare questo video.
(Prima di continuare a leggere, ti consiglio di guardarlo se non l’hai mai visto!)
Nel video, due gruppi di persone – alcuni vestiti di bianco, altri di nero – si stanno passando palloni da basket.
Ai volontari è stato chiesto di contare i passaggi tra i giocatori vestiti di bianco, ignorando i passaggi di quelli in nero.
Incredibilmente, circa la metà non ha notato una persona travestita da gorilla che entrava e usciva dalla scena battendosi il petto.
Pertanto, possiamo concentrarci così intensamente su qualcosa che diventiamo ciechi all’inaspettato, anche quando ce l’abbiamo sotto agli occhi.
Questa nostra “cecità attenzionale” ci fa perdere tutti quei dettagli che non stiamo cercando.
“Sebbene le persone cerchino ancora di razionalizzare il motivo per cui non hanno notato il gorilla, è difficile spiegare un tale fallimento di consapevolezza senza affrontare la possibilità che siamo consapevoli di molto meno del nostro mondo di quanto pensiamo”, ha detto Simons a LiveScience.
Cosa possiamo imparare da questa curiosità?
Pensiamo di capire e processare tutto, ma in realtà non è assolutamente così.
Perché quando stiamo vivendo una situazione filtriamo i dettagli che ci parlano di più, e molti aspetti non arrivano neanche alla nostra consapevolezza.
È importante ricordarsi di questo nostro limite nella vita di tutti i giorni.
È infatti normale avere delle opinioni e dei giudizi, ma dobbiamo tenere a mente che la nostra percezione della realtà non è che un piccolissimo scorcio di quanto ci circonda.
Quello che noi vediamo non può essere oggettivo, in quanto recepiamo solo ciò che più ci parla in base alla nostra esperienza, alla nostra educazione, e ai nostri valori.
È quindi meglio essere sempre aperti al dialogo, per poter comprendere anche il punto di vista degli altri e farci un’idea più completa delle varie situazioni.
Curiosità #2: L’effetto spotlight
L’effetto spotlight fa parte della psicologia sociale.
Si tratta della nostra tendenza a pensare di essere notati più di quanto lo siamo realmente.
Questa tendenza è data dal fatto che ci dimentichiamo che siamo sì al centro del nostro mondo, ma non al centro del mondo altrui.
Questo effetto è evidente soprattutto quando facciamo qualcosa di imbarazzante o che esce dalle righe: pensiamo che le persone siano lì ad osservare ogni passo che facciamo.
Un esempio potrebbe essere quando vai ad una festa di compleanno e ti versi per sbaglio la bibita addosso. Ti senti super imbarazzato perché tutti ti hanno visto e senti ti stanno deridendo.
Tuttavia, quando fai riferimento alla scena una settimana dopo con i tuoi amici, nessuno si ricorda dell’incidente.
Questo fenomeno è legato all’illusione della trasparenza, che è la tendenza delle persone a sovrastimare quanto il loro stato mentale personale è conosciuto dagli altri.
È un errore che ci porta a sopravvalutare la facilità con cui trasmettiamo le nostre emozioni e i nostri pensieri.
In realtà, la nostra faccia è molto più neutra di quanto immaginiamo.
Quando proviamo forti emozioni, tendiamo a pensare che siano ovvie per le persone che ci stanno attorno, specialmente per coloro che ci conoscono bene.
Quando siamo arrabbiati o stanchi o nervosi o infelici, presumiamo che chiunque ci guardi in faccia possa individuarlo immediatamente.
Non è vero. Il più delle volte, gli altri non riescono a indovinare correttamente cosa stiamo pensando o sentendo.
Le nostre emozioni non restano scritte sul nostro viso.
Ad esempio, arrivi in ufficio esausto dopo una notte insonne.
Vai avanti a caffè, sentendoti pigro e sfocato. Tutto ciò che fai sembra andare storto. Alla fine della giornata, ti scusi con un collega per essere stato “inutile tutto il giorno”. Ti guarda, leggermente confuso. “Oh”, dice. “Mi sembrava che tu stessi bene”. Chiaramente, è solo educato. Non c’è modo che i tuoi molti piccoli errori durante il giorno possano essere sfuggiti alla sua attenzione!
La realtà è che le altre persone prestano molta meno attenzione a te di quanto pensi.
Cosa possiamo imparare da questa curiosità?
Dobbiamo essere più consapevoli del fatto che non è così semplice decifrarci.
Spesso gli altri sono troppo assorbiti dalle proprie esperienze soggettive per cogliere segnali sottili legati ai nostri sentimenti.
Se sei infastidito dal tuo partner, ad esempio, probabilmente è troppo occupato a pensare a cosa deve fare al lavoro domani o cosa ha intenzione di cucinare per cena per esaminare le tue espressioni facciali.
Tante difficoltà che sorgono nella coppia, nell’amicizia, ed in famiglia sono dovute ad incomprensioni che potrebbero essere evitate semplicemente spiegando chiaramente cosa pensiamo o proviamo, anziché dare per scontato che gli altri sappiano già ciò che abbiamo dentro.
Un’altra lezione che possiamo prendere è forse che non dobbiamo preoccuparci troppo di quello che gli altri pensano di noi. La maggior parte delle volte, infatti, sono troppo assorbiti dai loro problemi per badare a noi.
Quindi, lanciamoci di più all’avventura!
Curiosità #3: L’influenza del contesto sulla memoria
Non tutti i ricordi hanno lo stesso peso: mentre alcuni si stagliano cristallini nella nostra memoria, altri si nascondono molto bene.
Il contesto in cui viviamo un evento è molto importante per aiutarci a ripescarlo nella memoria.
Il contesto può essere, ad esempio, il luogo fisico in cui immagazziniamo un’informazione. In un interessante studio, dei sommozzatori hanno dovuto imparare due liste di parole in due ambienti naturali diversi, sulla terraferma e sott’acqua, e dovevano successivamente ricordarle nel luogo dove le avevano imparate o nel luogo alternativo.
Le parole apprese sott’acqua sono state ricordate meglio sott’acqua, e quelle apprese sulla terraferma sono state ricordate meglio sulla terraferma.
Vi è mai capitato di pensare che avete voglia di una caramella alla menta mentre siete seduti alla vostra scrivania, dimenticarvene una volta che vi siete alzati per andarla a prendere, per poi ricordarvi improvvisamente il motivo per cui vi siete alzati solo quando vi rimettete a sedere alla scrivania?
Se sì, non siete soli, e la colpa è proprio dell’influenza del contesto sulla memoria! Una volta che si ripristina il contesto in cui si è avuto il pensiero, si recupera più facilmente la memoria.
Il contesto può essere anche lo stato fisico in cui ci si trova al momento dell’immagazzinamento: ad esempio, i forti bevitori riescono a ricordare dove hanno messo un oggetto sotto l’effetto dell’alcol solo quando si ubriacano di nuovo.
Per non parlare dello stato emotivo: ripeschiamo più facilmente gli eventi che hanno un tono emotivo uguale all’umore del momento.
Cosa possiamo imparare da questa curiosità?
Dobbiamo fare attenzione a quando litighiamo con qualcuno! Da arrabbiati è infatti più facile ricordare i lati negativi dell’interlocutore, in quel momento molto più accessibili rispetto alle qualità che sicuramente lo caratterizzano.
Ad esempio, se siamo irritati con il nostro partner, sarà più semplice per noi enumerargli tutte le sue mancanze, tralasciando tutte le sue delicate accortezze. In questo caso, è bene tenere a mente questo limite della nostra memoria e farci un giro per sbollire l’irritazione prima di iniziare una conversazione.
Un altro accorgimento che possiamo utilizzare è quello di riprodurre il più possibile il contesto in cui dovremo ricordarci di una informazione nel momento in cui l’impariamo.
Ad esempio, se sappiamo che avremo un esame scritto all’Università e lo faremo seduti, sarà bene studiare da seduti, e non camminando su un tapis roulant.
Possiamo sfruttare questo fenomeno anche per aiutare i ricordi dei nostri cari affetti da deficit della memoria. A volte, riprodurre in qualche modo il contesto di un evento del passato può facilitare loro il recupero.
Mi ha fatto emozionare molto questo video, in cui un’anziana ex ballerina affetta da Alzheimer’s ricorda i passi di danza quando le viene fatto ascoltare “Il lago dei cigni”.
Grazie mille Letizia per questo viaggio all’interno della mente umana! Farò tesoro dei tuoi consigli 💚