3 lezioni di scienza applicabili nella vita di tutti i giorni

la scienza al lavoro
Foto di Chokniti Khongchum su Pexels.

Ionica lavora da ormai 13 anni come ricercatrice in biologia molecolare: in particolare, studia i tumori associati ad una malattia genetica rara, la neurofibromatosi di tipo 1.

Ho pensato di andare ad importunarla un po’, perché la sua passione per la scienza è così palese che non potevo non fargliela condividere 😝 .

In particolare volevo sapere da lei quali sono le 3 più grandi lezioni che ha imparato dal suo percorso scientifico, e che potrebbero aiutare anche i non scienziati nella vita di tutti i giorni.

Ionica in visita alle saline siciliane.

Sono davvero contenta di averle fatto questa domanda, perché sono sicura le sue riflessioni saranno d’aiuto a molti!

Ecco cosa mi ha risposto:

Lezione #1: Comprendere che la realtà non è mai bianco o nero

Il primo aspetto che ho trovato importante nel mio percorso scientifico è il comprendere che la realtà non è mai bianco o nero: ha moltissime sfaccettature.

Quando si fa ricerca si viene subito a notare la complessità della realtà: nel nostro lavoro, quello che facciamo è infatti notare i dettagli.

Ionica (a sx) assieme alle sue colleghe per la giornata “Women in Science”.

Prima di fare gli esperimenti in laboratorio, c’è la fase di disegno sperimentale: si pensa all’esperimento e si decidono i dettagli: quali sono le condizioni migliori per quel particolare esperimento?

Per esempio, quando lavoro con le cellule, devo decidere che tipo di cellule utilizzare, quante, e come crescerle (con tutti i nutrienti, con meno…).

I risultati che si ottengono possono variare proprio in base a queste condizioni che noi abbiamo deciso a tavolino. Non c’è una verità assoluta, è sempre circoscritta nell’ambito di quelle particolari condizioni in cui si è condotto l’esperimento.

“Non c’è una verità assoluta, è sempre circoscritta nell’ambito di quelle particolari condizioni in cui si è condotto l’esperimento.”

Un nuovo studio che rafforza o affina una scoperta precedente, ma anche che la contraddice, viene sempre accolto a braccia aperte dalla comunità scientifica.

Come ricercatori descriviamo quello che abbiamo osservato, ma se altri scoprono qualcosa di diverso, perché magari hanno condotto l’esperimento con una condizione diversa, allora semplicemente prendiamo atto che c’è da valutare anche quel nuovo aspetto.

Ionica alla Biennale a Venezia vicino ad un’opera di uno dei suoi artisti preferiti.

Siamo assetati dei dati ottenuti da altri scienziati, anche quelli in contrasto con i nostri, perché ci portano a riflettere, e a porci nuove domande che potranno condurci a nuove scoperte.

“Siamo assetati dei dati ottenuti da altri scienziati, anche quelli in contrasto con i nostri, perché ci portano a riflettere, e a porci nuove domande che potranno condurci a nuove scoperte.”

Nella scienza c’è poco di vero e proprio scontro, ma sempre tanto dibattito.

Si discute, anche animatamente, e dai vari dettagli che emergono si ottengono nuove conoscenze. Ad esempio, si potrà venire a scoprire che a temperature diverse lo stesso esperimento dà risultati diversi, facendo capire che la temperatura gioca un ruolo chiave nel processo che si sta valutando.

Da questo dibattito nascono le idee, nasce il confronto, e si facilita la conoscenza.

La vera sfida di fare ricerca è tenere conto delle proprie scoperte e di quelle altrui per concepire una teoria, una spiegazione, che le tenga insieme tutte, anche se apparentemente contrastanti.

“Da questo dibattito nascono le idee, nasce il confronto, e si facilita la conoscenza.”

Ionica assieme al collega Claudio Laquatra: i due hanno portato avanti il progetto “Togliamo energia al tumore” al Dipartimento di Scienze Biomediche dell’Università di Padova.

Come si può applicare alla vita di tutti i giorni?

È bene ricordarsi che la realtà è molto complessa quando per esempio ci arriva una notizia.

Per farsi un’opinione ragionevole bisogna darsi del tempo per raccogliere quante più informazioni possibili descrivano quella notizia.

“Per farsi un’opinione ragionevole bisogna darsi del tempo per raccogliere quante più informazioni possibili descrivano quella notizia.”

A questo proposito, vorrei sottolineare che le notizie che giungono dal mondo della scienza sono il frutto di un lavoro svolto su un largo numero di persone.

Questo serve per avere un’idea più attendibile del fenomeno studiato, in quanto va a compensare per l’enorme variabilità che c’è tra persona e persona (la solita complessità della realtà).

Questi studi sono quindi sicuramente più attendibili della nostra esperienza personale, che non può essere che limitata: magari vengo a sapere dell’effetto della tachipirina su mia sorella, ma non posso sapere qual è l’effetto della tachipirina in generale.

Questo lo posso scoprire solo dagli studi scientifici, che hanno osservato gli effetti su un enorme numero di persone, e riescono quindi a descrivere quello che mediamente succede se prendi la tachipirina.

Un consiglio poi che darei è di diffidare dagli schieramenti. Spesso la società spinge a schierarsi: contro i vaccini, pro vaccini, per fare un esempio. In realtà ogni cosa è talmente sfaccettata che è molto più costruttivo essere d’accordo su alcuni aspetti di una realtà, ed essere in disaccordo su altri aspetti della stessa realtà, anziché accettarla o denigrarla in blocco.

Lezione #2: Saper accettare le critiche

Ionica nella coloratissima Barcellona.

Una cosa che ho imparato facendo il lavoro di ricercatore è ricevere le critiche.

È molto difficile, ma ci è richiesto spesso.

Durante la settimana facciamo degli incontri con gli altri colleghi: a turno si presentano i propri dati, e si descrivono le conclusioni a cui si è giunti sulla base di quei dati. (I dati infatti non parlano da soli: sono dei numeri a cui noi dobbiamo dar voce.)

Ovviamente gli altri membri del laboratorio possono fare domande, o non essere convinti delle nostre conclusioni.

Siccome dietro ad ogni dato c’e molto sforzo, essere criticati non è mai piacevole.

Per questo negli anni ho cercato di lavorare su me stessa per ricevere le critiche nel modo più oggettivo possibile, distinguendo la critica al lavoro che ho fatto dalla critica alla mia persona – sennò andavo sempre in crisi (ride, ndr).

“Negli anni ho cercato di lavorare su me stessa per ricevere le critiche nel modo più oggettivo possibile, distinguendo la critica al lavoro che ho fatto dalla critica alla mia persona.”

Un altro aspetto su cui ho lavorato è cercare di trarre il maggior beneficio possibile dalle critiche altrui.

Se la maggior parte delle persone non è convinta dalla nostra conclusione, un problema ci sarà.

Magari, si potrà risolvere questo problema con altri dati, o con un esperimento diverso. Queste critiche quindi ci porteranno sì più lavoro da fare, ma rafforzeranno le nostre scoperte.

Come si può applicare alla vita di tutti i giorni?

Sarebbe bello che le persone in generale non se la prendessero sul piano personale quando ricevono un’osservazione o un suggerimento.

“Sarebbe bello che le persone in generale non se la prendessero sul piano personale quando ricevono un’osservazione o un suggerimento.”

A volte anche i suggerimenti sono ricevuti di malgrado. Invece se qualcuno ti suggerisce qualcosa, vuol dire che ha riflettuto a quello che stai facendo, e sente di volerti dare un aiuto.

Ionica in viaggio a Leuven per una conferenza.

Le critiche nel mondo della scienza ci vengono rivolte a tutte le età, sia quando siamo studenti, che ricercatori, che professori, e possiamo riceverle anche da persone più giovani di noi o meno esperte.

Nella vita di tutti i giorni, invece, spesso le persone evitano di avanzare critiche verso le persone più adulte, anche se in modo cortese.

Ma così facendo si perdono grandi occasioni di crescita: si impara a tutte le età, anche dalle persone più giovani. Anzi, forse ancora di più dalle persone più giovani, perché hanno una mente più aperta e flessibile, meno impostata dal tempo.

“Si impara a tutte le età, anche dalle persone più giovani. Anzi, forse ancora di più dalle persone più giovani, perché hanno una mente più aperta e flessibile, meno impostata dal tempo.

Andrea, il mio compagno, conosce anche un’altra conseguenza (forse non desiderata! 😅 ) di questo mio training scientifico. A casa infatti sono quella del terzo grado (ride, ndr). Per capire bene le cose che succedono a livello familiare, faccio come sono abituata durante le riunioni di laboratorio a discutere dei risultati: pongo un sacco di domande! “Ma a che ora è successo? E poi cosa hai fatto? Ma con che tono l’hai detto?” 🤣 . Ormai si sarà abituato!

Lezione #3: Vedere l’instabilità come possibilità di cambiamento e crescita

Ionica che si gode una bella giornata di sole e neve 🙂

Il percorso da ricercatore ti porta all’instabilità per moltissimo tempo.

Il dottorato dura almeno 3 anni, poi si iniziano gli assegni di ricerca (che possono durare fino ad un
massimo di 6 anni in Italia). Si possono fare dei periodi, o più spesso anni, di ricerca all’estero per
aumentare le proprie competenze e rafforzare il curriculum, nonché trovare nuovi collaboratori. Poi,
quando si sono raggiunte un certo numero di pubblicazioni scientifiche (la forma con cui si
comunicano le scoperte nel mondo della ricerca e si misura la “produttività” di uno scienziato), si
cerca di vincere qualche concorso da ricercatore universitario (che in Italia ha la forma contrattuale
a tempo determinato di 3 + 2 anni), e poi se tutto va bene si può finalmente giungere alla figura di
professore, che ti permette sia di insegnare che di avere un tuo laboratorio.

Da quando ci si laurea e si vuole tentare di fare ricerca nella vita, a quando si riesce a diventare ricercatore “di ruolo”, passano almeno 10 anni. Per me è stato così, e sono un caso fortunato (Ionica dopo quasi 6 anni di assegni di ricerca è diventata ricercatrice del CNR – Consiglio Nazionale delle Ricerche – nel novembre 2019, ndr).

Ci sono tanti gradini che si devono superare lungo il percorso, e ad ogni gradino c’è la possibilità di scegliere un altro lavoro. Il dottorato può infatti aprire la strada ad un sacco di alternative.

In pochi però valutano con entusiasmo il cambiamento di lavoro, perché chi cambia viene visto (o peggio, si sente) come qualcuno che ha fallito il suo percorso.

A volte invece durante il percorso si può semplicemente scoprire che non è più la propria strada. La ricerca richiede uno sforzo non da poco, e le scelte professionali possono pesare molto su quelle personali o familiari.

Io per esempio avevo come piano B l’insegnamento. Alla fine avevo fatto pace con me stessa nel proseguire questo percorso nell’ambito della ricerca dicendomi sempre che “se ad un certo punto non avrò più modo di continuare, non dovrà essere una tragedia, bensì un’esperienza che vorrò raccontare a mia figlia. Ho avuto l’occasione di fare questo lavoro per un certo numero di anni, che è comunque un bagaglio enorme: le scoperte che ho conseguito, le persone che ho conosciuto e con cui mi sono confrontata, le difficoltà che ho superato, le conoscenze professionali e non che ho fatto mie mi apparterranno per sempre.”

Come si può applicare alla vita di tutti i giorni?

Quando le persone si rendono conto che non trovano più gioia in quello che fanno, oppure non ci sono state opportunità per proseguire nella loro carriera, direi di non vivere il cambiamento di lavoro come un fallimento.

“Quando le persone si rendono conto che non trovano più gioia in quello che fanno, oppure non ci sono state opportunità per proseguire nella loro carriera, direi di non vivere il cambiamento di lavoro come un fallimento.”

A volte davvero non dipende solo da noi, quindi mettere tutto sulle nostre spalle crea solo una pressione insostenibile.

Molto è determinato dai nostri impegno, dedizione e capacità, ma poi ci sono tante variabili che non sono in nostro possesso. C’è la fortuna di capitare nel posto giusto al momento giusto, ad esempio.

Ionica con il suo Iacco.

Ovviamente si sono investite molte energie quindi sarà molto difficile abbandonare quello che si è costruito.

Però se si vede il percorso svolto fino al momento del cambiamento come una cosa da cui si è imparato molto, si vive meglio la transizione. Non ci si sente più falliti se si cambia.

E spero di mantenere sempre questa prospettiva: vigilo continuamente sulla possibilità di fare anche altro nella vita, qualora ad un certo punto la ricerca non sarà una fonte di soddisfazione sufficiente per me.

In questo senso ci vuole un pizzico di follia, un pizzico di irrazionalità quando si seguono le proprie passioni. A volte si seguono fino a che sarà possibile, e quando non sarà più possibile non deve essere la fine del mondo.

Può succedere che cambiamenti di percorso obbligati ci facciano scoprire aspetti di noi stessi e delle nostre passioni che non sapevamo nemmeno di avere. Forse questo modo di vedere le cose mi viene dall’esperienza personale che mi ha fatto conoscere persone che hanno lasciato tutto per ricominciare altrove. Sono per me fonte d’inspirazione ed esempio di coraggio.

Può succedere che cambiamenti di percorso obbligati ci facciano scoprire aspetti di noi stessi e delle nostre passioni che non sapevamo nemmeno di avere.

Cerco sempre di trasmettere il messaggio che il futuro ci può riservare sorprese, piuttosto che ansie.

“Cerco sempre di trasmettere il messaggio che il futuro ci può riservare sorprese, piuttosto che ansie.”

Grazie Ionica per queste meravigliose lezioni!! 💚

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