Da dipendente stressato a vigile del fuoco: la storia di Mattia
Ho incontrato Mattia ad un matrimonio di amici in comune.
Tra una chiacchiera e l’altra sono emersi pezzetti della sua storia, che ho trovato davvero affascinante.
Così affascinante che ho pensato di farmela raccontare più in dettaglio, e devo dire che non me ne sono per niente pentita 😉!
Com’è iniziato il tuo percorso?
In terza media non sapevo ancora verso che direzione orientarmi, come penso succeda anche a tanti altri ragazzi (confermo 😅 , ndr).
Così ho semplicemente seguito l’influenza familiare: dato che mio papà aveva una falegnameria, e anche mio fratello maggiore aveva scelto la stessa scuola, ho deciso di iscrivermi ad una scuola professionale per falegname.
Ho passato cinque anni bellissimi, con dei compagni con cui mi sono divertito tanto e facendo una cosa che mi piaceva.
Ero anche piuttosto bravo, tant’è che i professori alla fine delle superiori mi hanno suggerito di continuare il percorso all’università con indirizzo architettura.
C’ho riflettuto un po’, perché sarei stato l’unico della mia famiglia ad andare all’università, e poi avrei dovuto passare un test: alla fine ho accettato la sfida, provato il test e l’ho pure passato!
Nessuno ci credeva. Infatti non ero il classico ragazzo studioso, anzi! Andavo anche a ripetizioni alle elementari e alle medie.
Mi sono fermato al terzo anno di architettura, e ho trovato il mio primo lavoro in un mobilificio all’antica, in cui sono rimasto per due anni.
Poi mi sono buttato sempre sull’arredamento ma stavolta sul moderno, dove sono stato per sei anni.
Lì ho capito cosa significa dedicarsi al lavoro, ed essere responsabile di progetti grossi da seguire dalla a alla z in tempi ristrettissimi.
Cosa ti ha portato a prendere la decisione di cambiare radicalmente vita?
Nel mio lavoro erano più le insoddisfazioni che le soddisfazioni; molto difficilmente per quanto cercassi di fare tutto al meglio il cliente si mostrava soddisfatto.
Poi tornavo sempre a casa in orari non definiti, nervoso al punto da non riuscire a parlare con nessuno.
Avevo sempre il telefono in mano, con l’ ansia che arrivasse una chiamata da qualche parte del mondo: “Guarda che c’e un problema, il mobile non entra”.
Andavo a lavoro con l’ansia, tant’è che una volta mi era addirittura venuta una gastrite per la preoccupazione e lo stress.
Quello era stato un segnale: “Mattia, hai 25 anni, non puoi passare tutta la tua vita lavorativa così”. Mi avrebbe fatto vivere male con me stesso, ma poi anche con gli altri.
Quindi mi sono detto: “OK, fermiamoci un attimo, e pensiamo bene a cosa vogliamo fare. Se dobbiamo cambiare, dobbiamo cambiare adesso”.
Così ho cominciato a pensare a cosa volessi fare realmente nella vita. Da lì mi sono chiesto: “Quali sono i miei sogni? Cosa ho sempre voluto fare?“.
Ho fatto una lista, e come prima cosa è venuto fuori il pilota di aerei.
Sai che adesso è uscito il secondo film di Top Gun? Ecco, io il primo film l’ho visto e rivisto; non dico ogni giorno, ma sicuramente ogni fine settimana. Quello è sempre stato un mio pallino. Però è un percorso lungo e difficile, e a 25 anni non mi sembrava il caso di cimentarmici.
Come seconda opzione nella lista: il vigile del fuoco.
Mi ha sempre affascinato, anche perché abitavo vicino ad una caserma dei pompieri e mia mamma, parrucchiera, aveva come cliente un vigile del fuoco che mi raccontava sempre quand’ero piccolo il suo lavoro, ed io ero sempre lì incantato ad ascoltarlo.
Poi avevo anche un amico pompiere e lo vedevo sempre allegro, e mi dicevo: lui sì che se la sta godendo ‘sta vita. Mi trasmette una serenità che forse è proprio il lavoro che gliela trasmette.
E quindi ho detto “Proviamoci!”.
Per diventare pompiere devi fare un concorso statale, che dura un sacco. Era il 2015. Guardo quand’era stato l’ultimo concorso: 2008. Ok, dobbiamo aspettare.
Però c’era anche il problema dell’età: da un minimo di 18 ad un massimo di 28 anni.
Me l’ero un po’ messa via.
Invece, novembre 2016 esce un concorso: 250 posti.
Allora mi sono buttato con tutto me stesso. Ho una possibilità nella vita e ci devo assolutamente riuscire. Voglio avere una vita in cui lavoro, perché è giusto, però voglio essere contento di andare a lavoro. Voglio svegliarmi la mattina che non vedo quasi l’ora di andare a lavoro. Come la frase “Trova un lavoro che ti piace e non lavorerai mai un giorno della tua vita”. È proprio così.
Che difficoltà hai trovato durante il cambiamento?
Il concorso stesso non è stato facile: è durato circa 4 anni, da novembre 2016 fino al 3 settembre 2020, quando mi hanno chiamato a Roma per l’assunzione e per l’inizio del training per diventare pompiere.
Tutte le prove erano a Roma: dovevi organizzarti viaggio e alloggio, prepararti per le prove, fisiche e di competenza, con la consapevolezza che se sbagliavi eri fuori. E ti trovavi in mezzo a questo fiume di aspiranti pompieri e ti chiedevi “Ma cosa sono venuto a fare qui?”.
Però la più grande difficoltà è stata quel giorno che mi hanno chiamato mentre ero a lavoro. Era un martedì, e mi hanno detto che giovedì avrei dovuto essere a Roma a firmare. Ho detto “Ma non posso, non posso licenziarmi letteralmente dall’oggi al domani!” e l’impiegato: “o ci sei o non ci sei”.
Da un lato avevo un lavoro stabile che facevo da 6 anni, dall’altro un sogno e 4 anni investiti in questo sogno. Mi ricordo quindi quel martedì, in cui sono andato dal mio capo e ho detto: “Senti, questo è stato il mio ultimo giorno: mi hanno preso come vigile del fuoco, e giovedì inizio il corso”.
Il mio capo c’e rimasto male, “Mi dispiace, però se è il tuo sogno vai, e grazie di tutto.”
Torno a casa, dico a mia mamma che mi sono licenziato, lei sbarra gli occhi: “Perché??”
“Perché mi hanno assunto ai vigili del fuoco!!”.
E lì sono scoppiato a piangere io, è scoppiata a piangere lei… Insomma, è stata una scena che ricorderò per sempre. Perché lei sapeva quanto ci tenevo, faceva ed ha sempre fatto il tifo per me.
Poi comunque è sempre stato un passo nel buio: andavo a fare una cosa che mi piaceva ma non sapevo dove arrivassi.
Non sapevo se era davvero il lavoro giusto per me, o solo un sogno da bambino.
Non sapevo come avrei reagito una volta diventato vigile del fuoco, non sapevo se soffrivo di vertigini, non sapevo niente.
È stato un passo nel buio che ho fatto, e tutte queste cose mi sono venute in mente mercoledì mentre scendevo a Roma, perché non ci credevo ancora.
Ci avevo sognato talmente tanto che pensavo non si realizzasse, e invece si è realizzato e dovevo ancora metabolizzare tutto, e mentre metabolizzavo mi venivano sempre più dubbi, se stavo facendo la cosa giusta.
Ho avuto tante difficoltà soprattutto psicologiche, ero pieno di dubbi: però mi dicevo: “Mattia, tutto quello che stai vivendo è perché l’hai voluto fare, e se l’hai voluto fare ci deve essere un significato che magari non sta a te comprendere. Se c’è è giusto che ci sia, da qualche parte questo significato ti porterà.”
E quindi mi sono affidato al destino che mi ha fatto andare avanti senza pensare troppo ai “se”, ai “forse” e ai “ma”.
Se potessi tornare indietro, rifaresti tutto?
Sì. Sono contento di quello che sono, con i miei pregi e difetti.
Ho raggiunto degli obiettivi per me importanti, sia in ambito sentimentale, che in ambito lavorativo, che in ambito sportivo.
Ho faticato? Sì, tanto.
Ho pianto? Sì, qualche volta. Ho pianto per dei fallimenti che ho avuto, ma che mi hanno poi portato al risultato positivo.
Tutto il percorso mi ha portato ad essere la persona che sono, quindi sì, nel bene e nel male rifarei tutto, perché se avessi una sfera magica che cancellasse tutti gli errori che ho fatto, probabilmente non sarei dove sono adesso.
Gli errori sono state le cose che più mi hanno fatto crescere, mi hanno spronato a fare meglio, e soprattutto spronato a non mollare. Né davanti alla prima, né alla seconda, né alla terza difficoltà.
Un grande aiuto in tutto questo è stato lo sport, il rugby.
Mi ha sempre fatto avere questa attitudine: sì. proviamoci. Mal che vada, non va. Ma ne esci più ricco, maturo, e consapevole di prima.
Questo è stato anche uno dei motivi che mi ha portato a mollare tutto e salire su quel treno per Roma, nonostante gli occhi sgranati di tutti i miei amici: “Molli tutto, vai a Roma per sei mesi, e poi? Chissà dove andrai a finire!”
Sto leggendo un libro, “Il monaco che amava i gatti”. Affronta concetti e problematiche della vita sotto un punto di vista che ti fa riflettere, ti apre nuove strade.
C’era un frase che diceva di sforzarsi a vivere ora, il momento, perché il 99% dell’insoddisfazione che alcune persone hanno della propria vita è dovuta ai rimorsi e alle preoccupazioni.
I rimorsi sono legati al passato, le preoccupazioni al futuro.
Se tu ti concentri a dare il meglio di te stesso adesso, non sprechi energie nel passato o nel futuro, e tutto quello che hai lo incanali nel presente.
Sto vedendo nel lavoro che faccio che la vita è un soffio, un momento. Oggi ci sei, e fra due ore magari non ci sei più.
Quindi è inutile sprecare tempo ed energie continuando a dire “se avessi fatto, se fossi andato, se avessi creduto”, oppure “cosa succederà se, cosa sarà di me se”.
Così non vivi a pieno l’adesso, e la vita è adesso.
Ed è questo secondo me a cui bisogna pensare: non aspettare. Se hai un sogno, un progetto, un’ambizione che tu pensi ti possa rendere felice fallo, perché non c’e cosa più bella di dire ce l’ho fatta, sono riuscito a fare quello che volevo, sono riuscito ad essere quello che volevo essere, sono riuscito a crearmi il mondo che volevo crearmi.
Questo lo puoi fare quando vuoi, da piccolo ma anche a novant’anni. L’importante è che tu lo faccia, perché alla fine siamo qui per questo, siamo qui per realizzare qualcosa, sennò che scopo abbiamo?
Poi non vivo nel mondo delle favole, so benissimo che se uno non ha un lavoro deve pensare a pagare le bollette che arriveranno a fine mese.
Però se tu ti proietti già oggi per il fine mese magari ti perdi tutto quel mondo che si racchiude nell’adesso, e che magari ti fa trovare la soluzione a quel problema.
Sto cercando di vivere nell’adesso, e direi a tutti di provarci.
Provare a rincorrere il sogno, non avere paura di sbagliare, perché comunque puoi sempre dire di averci provato, e sarai sempre in una posizione più alta di chi non c’ha provato. Ne esci sempre più ricco di prima.
Il problema è quando non hai un sogno: perché ti trovi a vivere una vita che non ti piace, ma da cui non vedi via d’uscita. Ma è una cosa che non esiste: tutti abbiamo un sogno; il problema è che non lo sappiamo magari, o meglio non l’abbiamo ancora cercato e quindi trovato.
Non perdere tempo a continuare qualcosa che sai non ti dà soddisfazioni.
Cerca il tuo sogno, e poi butta tutto se stesso per realizzarlo.
Una citazione a cui penso spesso recita “Fa’ quello che ti fa felice, perché tu sei il quadro non la cornice“; non ti deve importare di cosa pensano gli altri, devi solo concentrarti su te stesso, perché è quello che alla fine ti renderà orgoglioso.
Non avere paura! Siamo qui di passaggio. Buttati, impegnati, e dai tutto te stesso.