Da studente al seminario, a regista, ad operatore del benessere: la storia di Francesco

Francesco in chiare fresche e dolci acque.

Ho incontrato Francesco al compleanno della mia nipotina, ed è riuscito ad incuriosirmi fin dalle prime parole che ci siamo scambiati.

La mia banale domanda “Cosa fai di bello nella vita?” ha portato ad una bella discussione sull’importanza della connessione mente-corpo, e sul bisogno di un approccio olistico verso la prevenzione, più che la cura, delle malattie.

Francesco ha intrapreso negli anni un percorso di ricerca che l’ha portato a fondare le Tecniche F.r.e.e.l. (fusione di “feel”, sentire, e “free”, libero”), sviluppate su 4 aree di lavoro per sciogliere le memorie psico-fisiche, sbloccare l’energia e portare benessere fisico, emotivo e sessuale.

Ho voluto scoprire un po’ di più sulla sua storia, e sono davvero contenta di aver dato retta alla mia curiosità: il suo percorso è a dir poco affascinante, e i messaggi che si possono trarre possono essere d’aiuto a molti (sicuramente a me, almeno!! 😆 ).

Quali sono state le tappe fondamentali del tuo percorso?

Sicuramente alla base del mio percorso c’è l’aver ascoltato la mia persona da sempre.

All’età di 8 anni ha iniziato ad accendersi in me il desiderio di scoprire che cosa c’era al di là di quello che si vede, di scoprire qualcosa di più profondo.

L’unico riferimento in quel momento era la Chiesa, che mi ha spinto ad andare in seminario. Questo mi ha portato a fare esperienze anche molto forti, quali meditazioni (immersi nella natura, isolati e in silenzio -tanto silenzio), e lavoro sulla crescita personale (ci mettevamo lì davanti a queste domande ed un foglio bianco, e bisognava ascoltarsi e ascoltare).

“Ci mettevamo lì davanti a queste domande ed un foglio bianco, e bisognava ascoltarsi e ascoltare.”

Cose che continuo a fare anche ora.

Oltre a questo, durante le ore di scuola studiavamo educazione sessuale con una psicoterapeuta, ed i concetti che ho appreso li trasporto tuttora nel mio lavoro sulla sessualità consapevole.

I miei studi al Liceo Socio-psico-pedagogico e, successivamente, alla facoltà di Lettere e Filosofia mi hanno accompagnato nella scoperta di quella che è la natura umana, che mi ha sempre appassionato a livello psicologico.

Ma più che i miei studi sono le esperienze che mi hanno fatto evolvere: l’esperienza fa sempre la differenza. Tutto ciò che propongo ora, l’ho prima passato sulla mia pelle, sperimentato sulla mia esistenza, e cerco con azione empatica di trasmetterlo agli altri.

“Più che i miei studi sono le esperienze che mi hanno fatto evolvere: l’esperienza fa sempre la differenza.”

Una tappa fondamentale è stato il mio precedente lavoro: ero regista e reporter.

Per quanto fosse impegnativo mi ha insegnato molte cose, tra cui la gestione del tempo, non solo in senso lato, ma in senso quantico.

Facendo il regista, spesse volte il tempo incombeva sulla diretta, spingendomi ad imparare delle tecniche sulla dilatazione del tempo, che per me è stato di vitale importanza.

Sentirsi in alta prestazione significa gestire una mole di impegni, persone, 100000 spettatori, responsabilità, soldi, sponsor… Un minuto di nero in TV costa migliaia di euro, quindi non potevi prenderti ritardo, o sopperire anche ad alcune problematiche che possono sorgere durante una diretta.

Francesco all’azione nel suo lavoro precedente.

Questo mi ha poi portato ad avere delle consapevolezze e tecniche di gestione delle emozioni (tra cui la paura iniziale dell’errore), e delle persone (tra cui la capacità di trasmettere la serenità e la sincronicità degli eventi).

Mi ha anche insegnato a seguire il flusso, e affidarmi a quello che c’è, per gestire i momenti -anche quelli intensi, difficili, di una diretta- con serenità.

Tutte queste cose che ho imparato possono essere utili, ad esempio, per le persone che seguo.

Il contatto con la cronaca nera è stato un altro grande insegnamento.

Gestire le emozioni e vivere situazioni molto provanti lì sul posto dell’accaduto sono cose che forgiano: sono indispensabili per imparare a schermarsi.

Quando si arriva in queste situazioni dove sono successi dei fatti molto gravi, ci sono delle energie potenti, ma al di là di quello ci sono i parenti, i sopravvissuti. Purtroppo ti trovi lì e devi schermarti, comprendendo che quella è la realtà di qualcun altro, e tu sei lì solo come osservatore.

Spesse volte anche nella gestione emozionale riporto questo schema, quello di diventare spettatore.

Poi tutto ciò che mi ha spinto è la passione per quello che faccio, e sicuramente il contatto con chi mi sostiene da sempre, e mi ha supportato in questa mia evoluzione.

Cosa ti ha spinto ad aprire la tua propria attività su qualcosa di così poco comune, come ad esempio lo sblocco delle memorie psicofisiche?

“Nel massaggio, attraverso il contatto fisico, avviene una vera e propria comunicazione.”

Potrei darti una risposta imprenditoriale: ho visto una necessità.

In realtà mi sono molto appassionato a queste tecniche alternative molto prima, tanto da stilare dei protocolli miei mentre consapevolizzavo che c’era bisogno di un approccio così sul panorama delle richieste.

Ho quindi visto successivamente che c’era una necessità, e dove c’è una necessità c’è un’opportunità.

Questo mi ha portato ad intraprendere collaborazioni con la parte medica e psicologica: ad esempio, facendo corsi di formazione ad alcuni psicoterapeuti proprio perché riconoscevano l’efficacia e la necessità di utilizzare tecniche alternative oltre alla psicoterapia, o alle terapie mediche classiche.

Come dico sempre tutto è utile ciò che funziona.

“Tutto è utile ciò che funziona.”

Quello che mi ha spinto e che tuttora mi spinge è la meravigliosa ricerca dell’unione di corpo, mente e spirito (che io chiamo essenza) sotto questa funzione che è l’energia umana, eterica anche.

Quali sono stati i dubbi più grossi che hai incontrato per avviare questa attività?

Sicuramente all’inizio i dubbi più grandi hanno riguardato il lasciare un lavoro a tempo indeterminato, che tra l’altro mi piaceva.

Fare un salto “nel vuoto” richiede di scontrarsi con ciò che la mente limitante vuole importi: il più grande limite è ciò che la mente ti racconta.

“Il più grande limite è ciò che la mente ti racconta.”

Una volta che impari a sganciarti da ciò che la tua mente ti racconta, e non credi più alle sue bugie che cercano di tenerti nella tua sfera di comodità, puoi finalmente procedere.

In realtà questo non significa buttarsi nel vuoto, bensì iniziare a ponderare bene e creare delle opportunità, e di affidarsi anche alle opportunità.

Da un lato questa spinta può sembrare incoscienza, dall’altro è il tuo essere che cerca di spingere alla tua realizzazione personale.

Poi ti ritrovi a fare i conti, a comprendere il “come farò”, “e se andrà male”… questo è il lavoro che fa la mente.

Francesco in uno dei suoi viaggi umanitari in Africa.

Come li hai affrontati?

Mi sono chiesto: “E se andrà bene?”. Per quale motivo dovrebbe andare male?

Mi sono chiesto: “E se andrà bene?”

Qui entra in campo il lavoro su di sé, sui propri condizionamenti e credenze.

Ciò che la spinta interna ti chiede non ha niente a che fare con l’ottenere o l’avere; ciò che conta è l’essere.

Questo significa che non si tratta di perseguire un lavoro nuovo che ti porti a guadagnare di più, se sotto non c’è la passione, la voglia e la spinta.

Quello che conta è evolvere sotto ciò che il tuo essere ti chiede, e riconoscere se stessi in ciò che si fa.

Quello che conta è evolvere sotto ciò che il tuo essere ti chiede, e riconoscere se stessi in ciò che si fa.

Quindi una scelta di questo genere è fondata su qualcosa di più profondo che non il ricavarsi da vivere, ma sull’aprire le possibilità di ciò che si è.

L’aspetto prettamente economico è importante, ma è laterale per questa scelta di cambiare: non serve a nulla fare una scelta di perseguire quei 500 euro in più, se questo non è affine al mio essere: porterà sempre al limite.

Nel momento in cui ti colleghi con quella che è la tua spinta personale, a quel punto tutto avviene di conseguenza.

Ho affrontato cercando soluzioni, anche con il lavoro precedente. Ad esempio, un part time verticale all’inizio, per aprirmi la possibilità a questa nuova avventura.

Ci sono stati momenti difficili, e chi mi è stato accanto in quel momento è stata di una importanza grande.

Francesco in uno dei suoi viaggi in Africa.

Mi hanno supportato mentre facevo quella scala e chiedevo il licenziamento. Il fare quella scala per me era la chiusura definitiva di un contratto affidandomi a quello che veniva dopo, senza sapere cosa fosse.

Non è stato un salto con la testa nel sacco, bensì un passo alla volta per costruire un proprio futuro, con un nesso logico e delle capacità che sono state messe in campo.

“Non è stato un salto con la testa nel sacco, bensì un passo alla volta per costruire un proprio futuro, con un nesso logico e delle capacità che sono state messe in campo.”

E poi si fa il salto, quando le ali sono spiegate per volare.

Mi ha aiutato molto anche l’esperienza che mi portavo dai progetti umanitari che ho condiviso in Africa, fra i quali “Africa per te Africa per noi” con la realizzazione di un documentario autoprodotto con la partecipazione di Red Canzian dei Pooh.

Vivendo quelle terre ho compreso il valore della mia espressione anche lavorativa, ho sentito l’espansione di questo mio essere anche sul lato lavorativo.

E mi ricordo mentre viaggiavo sul retro di una Jeep con l’aria sul viso “Ok, cosa può succedere? Segui il tuo sentiero, segui il tuo essere. Che cosa potrà mai succedere!”.

Lì ho fatto una delle scelte più importanti: tornare a casa e dedicarmi completamente a ciò che mi appassiona. Licenziarmi e fare il salto.

Francesco sul retro della Jeep in Africa.

Sono tornato a casa dal primo viaggio e ho fatto la lettera di licenziamento, ma non l’ho consegnata.

Sono serviti altri due anni di gestazione e di crescita per arrivare poi al ritorno dal secondo viaggio a licenziarmi definitivamente.

Cosa ti piace di più del tuo lavoro?

Del mio lavoro adoro il trovare soluzioni in situazioni che sembrano irreparabili; spesse volte mi ritrovo infatti a lavorare in situazioni in cui sembra tutto perduto.

Oltre a questo accompagnare le persone a scoprire parti di sé è meraviglioso per me.

Anche nei corsi di formazione personale e professionale, oltre che nel lavoro diretto in privato, mi piace il passare informazioni, far comprendere ciò che ho appreso io in precedenza.

Mi piace vedere le persone stare bene, ed evolvere.

Come ad esempio Agnese: dopo tantissimi anni di psicofarmaci e depressione, è riuscita ad affrontare la sua situazione, e ad evolvere nella sua esistenza. Ora ha una sua attività, e sta pubblicando un libro.

Francesco ad uno dei suoi corsi.

Adoro la simbiosi che c’è fra il corpo e la mente, tutto governato da una spinta superiore interna.

E la gestione dell’energia sessuale, potentissima quando è consapevole.

Infatti uno dei miei filoni al quale ho dato più importanza è il vedere questo tipo di energia sotto un altro aspetto, più interno, più animico, di esperienza. Questo tipo di energia ci porta anche oltre, nella realizzazione personale, non solo sessuale.

Che messaggio daresti a tutte quelle persone che non perseguono le proprie passioni per paura di perdere la stabilità del proprio lavoro?

E se tutto andasse bene quando fai la tua scelta?

E se la vera condanna fosse rimanere nella situazione in cui sei?

Come chiedo sempre ai corsi: “L’acqua ferma che fa?”. Marcisce!

Quindi o muovi le tue acque verso la direzione del tuo largo, verso ciò che sei, oppure tutto è frenato, e quella situazione che sembra una calda cuccia può diventare la tua più grande prigione.

Non mettere i fiori davanti alla porta delle nostre celle, altrimenti finiremo con l’amarle e perdere così il desiderio più importante: la libertà di vivere!

SILVANO AGOSTI

Sicuramente bisogna fare le cose in modo sensato, costruendo il proprio trampolino per evitare di fare salti nel vuoto e finire per schiantarsi, ma è necessario muovere da subito i passi verso l’azione, ed iniziare ad affidarsi a ciò che rappresenta la tua esistenza.

Francesco suona una campana tibetana.

Il mio corpo non mi permetteva più di stare al computer, al banco regia, perché mi faceva sorgere degli ascessi proprio sulle braccia, dove le appoggiavo durante il lavoro. Ho ancora delle piccole cicatrici che me lo ricordano.

Li vedo come questa energia, che era bloccata lì sul banco di regia e invece aveva bisogno di esprimersi attraverso il tocco. E cercava di uscire in qualche modo.

Da quando ho cambiato mestiere, non ho più avuto ascessi. Quando segui quello che percepisci, quello che senti, questi sfoghi psicosomatici non si presentano più.

Dovevo fare delle scelte importanti, buttarmi in una nuova attività, fare questo tipo di trattamenti, e all’epoca non sapevo ancora dove dirigermi. Ricordo che un giorno mi misi davanti allo specchio parlando ad un divino, o all’universo non so, e dissi: “Tu mi stai chiedendo tanto. Io dopo tanto ora ti ascolto, sento quello che mi chiedi, ma al resto mi devi aiutare tu”.

Forse stavo proprio parlando a me stesso, e quel divino era dentro di me, e quella fiducia risiedeva in me.

Ma ho anche un’altra convinzione: siamo qui per sperimentarci, e proprio per questo ci è chiesto di realizzarci per ciò che sentiamo, e questi sono progetti fuori dalla nostra visione.

“Siamo qui per sperimentarci, e proprio per questo ci è chiesto di realizzarci per ciò che sentiamo, e questi sono progetti fuori dalla nostra visione.”

Grazie mille Francesco per tutti questi meravigliosi spunti di riflessione!! 🧡

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